venerdì 11 dicembre 2009

Turchia

Instanbul e i suoi mille volti

Instanbul e i suoi mille volti



La sua ricchissima storia, che la vede alle origini città greca dal nome di Bisanzio (greco antico, Βυζάντιον), poi capitale dell'Impero Romano d'Oriente col nome di Costantinopoli (latino, Constantinopolis) e infine capitale dell'Impero Ottomano con il nome turco di İstanbul, ha lasciato notevoli testimonianze archeologiche e architettoniche che la rendono anche un centro turistico di rilevanza mondiale.
Secondo un aneddoto il nome attuale deriva da una circostanza curiosa: quando i turchi alla conquista dell'Anatolia chiedevano ai greci dove fosse "la città" ricevevano come risposta, senza capirne il significato Isten polis, cioè "quella è la città", che finì per diventare il nome equivocato di Costantinopoli. Più probabilmente deriva da un'enfatizzazione della parola "città" per indicarla come la "città" per antonomasia, in analogia con la parola Urbe (o -in latino- "Urbs") con cui si indica Roma. Il nome Istanbul le venne dato ufficialmente solo attorno al 1930.
Il nome dell'odierna Istanbul comunque riflette, nel corso dei secoli, il succedersi delle civiltà che ne hanno segnato la storia. Fondata dai coloni greci di Megara, nel 667 a.C., viene chiamata originariamente Βυζάντιον (Byzántion) in onore del loro re Byzantas. Sarà dunque Byzantium in latino e successivamente Bisanzio in italiano.
Il nome greco di Κωνσταντινούπολις (Konstantinoupolis), da cui il latino Constantinopolis e l'italiano Costantinopoli, significa "Città di Costantino". Tale nome le fu dato in onore dell'imperatore romano Costantino I quando la città divenne capitale dell'impero romano, l'11 maggio dell'anno 330. Costantino la ribattezzò Nova Roma, ma questa denominazione non entrò mai nell'uso comune, sebbene ancora oggi la denominazione ufficiale secondo la Chiesa ortodossa e il Patriarcato Ecumenico sia "Costantinopoli Nuova Roma". Costantinopoli divenne successivamente la capitale dell'Impero Bizantino fino a quando, nel 1453, venne espugnata dai Turchi Ottomani.
Il nome "Istanbul" potrebbe derivare dalla frase greca medievale "εἰς τὴν Πόλιν" (da leggersi con la pronuncia "istimˈbolin"), oppure da quella in dialetto ionico "εἰς τὰν Πόλιν" (pron. "istamˈbolin"), che significa "alla Città" o "nella Città" [4]. In questo modo i Greci si riferivano alla Città delle Città, come Costantinopoli era conosciuta durante l'era bizantina e successivamente. Più probabilmente è una semplice corruzione del greco [Kon]stan[inou]pol dove "pol" è diventato "bul" come anche in altri adattamenti di nomi greci contenenti il termine "polis" e con l'aggiunta del prefisso "I-"; esempi sono le città di Smirne e di Nicea, diventate Izmir ed Iznik e Gelibolu, in greco Kallipolis. Il nome Stambul era di uso corrente nell'Ottocento.
La fondazione di Bisanzio, da parte dei coloni greci di Megara, risale al 667 a.C. Grazie alla posizione di controllo sul Bosforo, la città si sviluppò in breve tempo tanto da diventare oggetto di contesa durante le guerre del Peloponneso.
Dopo essersi schierata con Pescennio Nigro contro il vittorioso Settimio Severo, la città fu assediata e largamente distrutta fra il 193 e il 195. Nel 196 Bisanzio entrò a far parte dell'impero romano e fu ricostruita dallo stesso Settimio Severo, divenuto Imperatore, riottenendo rapidamente la sua precedente prosperitLa posizione strategica di Bisanzio attrasse anche l'imperatore Costantino I che, l'11 maggio 330, la rifondò come "Nova Roma" (ma presto prese invece il nome di Costantinopoli), secondo la leggenda dopo un sogno profetico nel quale gli veniva indicato il posto dove stabilire la città. Costantino costruì un numero impressionante di palazzi, chiese, luoghi di divertimento, tra cui il famoso circo dove si svolgevano anche cerimonie e che vedrà sommosse e assemblee popolari. La città continuò a crescere anche dopo Costantino, nell'arco di un secolo furono costruite nuove mura che quasi raddoppiarono la superficie della città.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la posizione strategica di Costantinopoli avrebbe continuato a giocare un ruolo importante come punto di passaggio fra due continenti (Europa e Asia), e successivamente un polo d'attrazione per l'Africa ed altri paesi dal punto di vista commerciale, culturale e diplomatico. Costantinopoli controllò per lungo tempo le rotte fra Asia ed Europa, così come il passaggio dal Mar Mediterraneo al Mar Nero.
A Costantinopoli nasce ciò che è considerato il fondamento del diritto romano, il Corpus Iuris Civilis, voluto da Giustiniano tra il 528 e il 565.
Durante il medioevo, Costantinopoli fu la più grande e ricca città d'Europa: si pensa che nel X secolo potesse avere fino a un milione di abitanti. La maggior basilica costantiniana,Hagia Sophia (Divina Sapienza), monumento di estrema rilevanza architettonica dedicato alla Divina Sapienza, da sempre centro religioso della città, diventa il centro della cristianità greco-ortodossa. Nonostante le aspre lotte interne per il potere e la scarsa autorità individuale dell'imperatore, l'oligarchia bizantina mantenne una stabile struttura politica durante i quasi mille anni dell'impero.
Dotata di un notevole impianto di fortificazioni, la città rimase per secoli inespugnata, fino al 1204, quando venne saccheggiata dagli eserciti della quarta crociata che instaurò per circa un secolo "L' impero latino". Per Costantinopoli era iniziato il suo declino. Il 29 maggio 1453, la città cadde in mano ai Turchi ottomani guidati da Maometto II il Conquistatore ( Fatih ), che ne fece la capitale dell'Impero Ottomano. La caduta di Costantinopoli, e quindi la fine dell'Impero Romano d'Oriente, è indicata talvolta come l'evento che convenzionalmente chiude il medioevo e inizia l'evo moderno. Sotto i sultani ottomani, Costantinopoli ritrovò un nuovo periodo di splendore, diventando sede de facto del califfato nel 1517, ma mantenendo la sede del Patriarcato Greco-Ortodosso (nonostante la forzata conversione della Basilica di Santa Sofia in moschea) e in generale il carattere cosmopolita che la caratterizzò nei secoli precedenti. Il XVI secolo segnò l'apice del potere ottomano. A questo secolo risale la costruzione delle più importanti moschee della città: Beyazit, Suleymaniye (la più grande moschea di Istanbul), Sultan Ahmet e Fatih.
L'impero ottomano, sconfitto durante la prima guerra mondiale, finì ufficialmente il 1º novembre 1922. Quando nel 1923 fu fondata la Repubblica di Turchia, la capitale venne spostata da Istanbul ad Ankara. In un primo tempo trascurata in favore della nuova capitale, Istanbul passò attraverso un periodo di grande trasformazione negli anni '50 e '60. Prima degli anni '60,

BAKLAVA



La baklava è un dessert molto popolare in quasi tutte le cucine arabe e mediterranee: ci sono versioni greche (μπακλαβά), albanesi (bakllava), bulgare (баклава), serbe (baklava/баклава), arabe appunto (بقلاوة baqlāwa), israeliane (בַּקְלָוָה, בקלווה baqlava), persiane (باقلوا baqlavā), armene (փախլավա pʼaḫlava), bosniache e turche (baklava) di questo dolce ricchissimo di zucchero.
Sembra che gli assiri, nell'VIII secolo a.C., siano stati il primo popolo nel Mediterraneo orientale ad infornare un miscuglio di noci tritate e miele avvolte in una pasta, creando quindi il predecessore della baklava. Secondo questa teoria, i marinai e mercanti greci, nei loro viaggi ad oriente, scoprirono presto la delizia di questo dolce e lo importarono ad Atene. Il maggior contributo greco al suo sviluppo fu la creazione di una tecnica che permise di arrotolare la pasta in sfoglie sottili, come foglie appunto, e quindi avvolgere le noci in numerosi strati molto soffici. Questa pasta si chiama oggi phyllo (o filo), dal greco con significato di foglia. Vassoi di baklava come le conosciamo oggi erano infornate in ogni cucina di ogni casa che si rispettasse e che potesse permetterselo in ogni occasione speciale, a partire dal III secolo a.C.
Durante il periodo bizantino, gli armeni aggiunsero per la prima volta la cannella e i chiodi di garofano; successivamente gli arabi introdussero la variante del cardamomo e dell'acqua di rose. Il nome stesso è omaggio alla cultura araba, dato che deriva direttamente dalla parola baklavi, che significa noci, ma una quantità di altre nazioni e culture culinarie ne hanno dato un'interpretazione, con l'aggiunta di svariate spezie. Nel periodo ottomano seguito al collasso di Bisanzio, questi dolci divennero le vere favorite dei sultani. Due tra gli ingredienti principali, le noci e il miele, appunto, erano ritenuti afrodisiaci e ciò ne giustificava l'altissimo prezzo. Ancor oggi è espressione comune, tra i meno abbienti o la classe media turca, il non essere "ricco abbastanza da poter avere in tavola baklava e burek ogni giorno". Pare che il pasticciere di Maria Antonietta, in esilio, sia riuscito a modificare un piatto a cui non mancava praticamente nulla, per quanto riguarda gusto e consistenza, modificandolo esteticamente in maniera molto blanda. Con tocco francese, ne variò il taglio e la piegatura, creando la tecnica a cupola, chiamata infatti "frenk baklavasi", che è oggi la più comune forma in cui si trova questo dolce.
La baklava è un dolce complesso e stratificato, di sottili sfoglie di pasta filo, proprio come foglie o fogli di carta, imburrate e appoggiate in una teglia: noci tritate più o meno finemente, assieme a pistacchi, vengono sparse sui vari strati, che vengono poi arrotolati e cotti al forno, prima di essere imbevuti con una soluzione di zucchero e succo di limone o miele e spezie con acqua di rose. Nelle tradizioni greca e turca, a questo punto viene tagliato in triangoli, quadrati o rettangoli, in Libano la forma prediletta è quella del diamante/rombo o sempre in Turchia, arrotolato e tagliato in fette circolari. Come quasi tutti i piatti molto diffusi, quasi ogni regione, o forse quasi ogni famiglia, ne conserva una ricetta diversa.

Dosi per 4 persone: 1 Bicchiere Burro Fuso, 1 Bicchiere Noci Tritate, 750 G Zucchero, 250 G Farina, 2 Uova, 1 Cucchiaino Olio D'oliva, 1 Limone, Fecola Di Patate, 1 Cucchiaino Sale

Come preparare la ricetta Baklava:

Mescolare la farina, le uova e il sale con una tazzina d'acqua, lavorare a lungo la pasta, farne una palla e lasciar riposare coprendo con uno straccio umido. Dividere la pasta in 8-10 pezzi, versarci sopra la fecola e tirare la pasta cercando di ottenere dei dischi sottilissimi. Imburrare una teglia rotonda e disporre alternativamente uno strato di pasta e uno di burro fuso, fino a metà teglia, poi uno strato di noci e poi di nuovo pasta e burro fuso alternati. Infornare a calore medio e cuocere per circa un'ora. Preparare a parte uno sciroppo con lo zucchero, acqua e il succo di un limone, farlo bollire per un paio di minuti. Lasciar raffreddare e poi versarlo sul dolce quando è cotto. Tagliare a triangoli o rombi della grandezza preferita e servire.

mercoledì 9 dicembre 2009

Tunisia

Qualche annedoto sulla Tunisia

Qualche annedoto sulla Tunisia



Posizionata in un punto strategico per i commerci mediterranei, la Tunisia è stata sempre oggetto di ondate migratorie che hanno visto passare berberi, fenici, romani, barbari, arabi, turchi e francesi.
Questo ha favorito una tipo di cultura molto eclettico e particolarmente sensibile, che pur restando fedele ai canoni islamici, non disdegna aperture intellettuali verso generi artistici di altre realtà.
La lingua principale è l’arabo, anche se la popolazione parla francese, italiano e vari dialetti di origine berbera.
La religione praticata dalla maggior parte degli abitanti della Tunisia è quella islamica, anche se si trovano minoranze cristiane ed una comunità ebraica.
L’influenza della varie civiltà che si sono avvicendate in Tunisia è particolarmente visibile nel Nord del paese, nei pressi di Tunisi si possono ammirare dei splendidi mosaici di origine romana ed i resti di Cartagine, oltre che più tarde costruzioni in stile moresco e turco.
Il sostrato architettonico di stile islamico si può particolarmente apprezzare nei mercati (suq) solitamente attrezzati all’interno della medina, che sarebbe la parte più antica delle città, nelle moschee e negli hammam, i famosi bagni turchi.


Insalata mechouïa




INGREDIENTI: 
 
400-500 gr di friarelli
2-3 pomodori rossi (dipende dalla grandezza)
3 cipolle rosse medie
6 spicchi d'aglio
1 peperoncino piccante fresco
sale e olio e.v. d'oliva q.b.
6 uova
320 gr di tonno (due scatolette grandine)



Lava le verdure, spunta i friarelli dal picciolo verde lasciandoli però integri, stessa cosa per i pomodori e il peperoncino. Sbuccia e dividi in 4 ogni cipolla. Sbuccia e lascia interi gli spicchi d'aglio. Disponi tutte le verdure in una teglia capiente, l'importante è che non siano troppo sovrapposte, e fai cuocere in forno già caldo per almeno un venti minuti-mezz'ora.Togli le verdure dal forno. Insomma, prendi le verdurine e le passi nel tritacarne. Il tritato lo devi miscelare bene e condire con olio extravergine d'oliva e sale. A parte fai bollire un uovo a testa: lasciali ammollo in acqua fredda mentre distribuisci l'insalata nei piatti e guanisci con il tonno sbriciolato. Sbuccia le uova e affettale in quarti, aggiungile ad ogni piatto. 

martedì 1 dicembre 2009

Gli antichi romani a tavola




Di buon’ora, appena sveglio e senza neanche lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due pasti della giornata, una colazione sostanziosa a base di pane e formaggio, frutta e carne. Si tratta spesso degli avanzi della cena del giorno prima, che gli invitati ad un banchetto possono portarsi a casa in un cestino. Sbrigati i primi affari, si dedica al prandium, lo spuntino della tarda mattinata, sobrio e veloce. L’evento culinario della giornata si svolge invece al pomeriggio, quando il Romano abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, e quindi verso le tre o le quattro del pomeriggio, si siede comodamente a tavola fino al calare del sole. Qui le portate sono numerose, fino a sei, ognuna con una serie svariata di piatti. Nella cena normale dopo l’antipasto - gustatio - seguono le portate principali di carne e pesce e si chiude con le secundae mensae, cioè i dessert. La serata continua con il simposio, in cui alla mescita di vino - sempre annacquato - si accompagna ancora qualche cibo, come i porri, che stimolano la voglia di bere.
Una serie di norme di buona educazione e di etichetta regola la cena, anche rispetto alla disposizione dei posti a tavola. Nel triclinio (sala da pranzo), infatti, il padrone di casa fa disporre i letti tricliniari, su cui i convitati si distendono a due o tre, sostenedosi con il braccio sinistro piegato. In tal modo la mano destra è libera di afferrare i cibi dai bassi tavolini accuratamente imbanditi davanti agli ospiti.
Il posto d’onore, detto “consolare”, è all’estrema destra del letto centrale, ed è così chiamato dal fatto che un messaggero, entrando dalla porta postagli di fronte, può facilmente trasmettere al convitato ivi disteso una comunicazione importante e urgente. Il padrone di casa si dispone subito a sinistra dell’ospite d’onore.
Nelle case più ricche le sale da pranzo sono più d’una, e vengono occupate secondo la stagione dell’anno e l’orientamento : i triclini estivi, spesso seminterrati e contenenti fontanelle e giochi d’acqua, sono orientati a nord, mentre quelli invernali prospettano a ovest, fatto che permette di cogliere gli ultimi raggi di sole della giornata.

L’alimentazione romana di epoca arcaica e repubblicana è sobria, a base di legumi, cereali, formaggio e frutta ; con la conquista dell’Oriente, invece, almeno sulle mense ricche, arrivano nuovi ingredienti da tutte le province.Accanto al pane quotidiano, alla puls (sorta di polenta condita), alle grandi quantità di lupini, lenticchie, ceci e soprattutto fave, oltre a lattughe, cavoli e porri, fichi, mele e pere, incominciano ad essere consumati anche cibi di lontana provenienza, come le ciliege, importate per la prima volta dall’Oriente da Lucullo.
Il Romano povero, ovviamente, non ha accesso ai cibi importati e costosi e in casa non ha neanche il triclinio. Egli continua la tradizione antica di pasti frugali ed economici. Il Romano ricco, invece, come ci tramandano abbondantemente le fonti, offre frequentemente banchetti, cui partecipano decine di amici e clienti. Qui i cibi sono vari, cucinati con cura ed anche molto elaborati, almeno stando alle ricette del cuoco Apicio, giunte fino a noi. Sono molto apprezzate le uova di anitra, piccione e pernice e molto consumato è il pesce, fresco o in salamoia. Simile ad alcune salse orientali moderne a base di pesce salato e fermentato (come il Nuoc Nam indocinese), è il garum, una delle salse più note dell’antichità, di cui esistono diverse varietà. Ancora più diffuso, però, è sicuramente l’olio d’oliva, importato soprattutto dalla Baetica (odierna Andalusia) e dall’Africa settentrionale, le cui anfore da trasporto hanno formato in Roma, in circa tre secoli, una vera e propria collinetta artificiale : il monte Testaccio (detto “Monte dei cocci”).
Si mangia raramente carne bovina, più spesso carne ovina e caprina, e comune è il maiale, del quale si è imparato a sfruttare ogni parte. Il consumo di insaccati è enorme e apprezzata la carne di volatili - da cortile e da voliera - prodotta intensivamente nelle ville rustiche o cacciata, insieme a selvaggina più grande, come cinghiali, daini, cervi e caprioli. Una delle caratteristiche fondamentali della cucina romana è l’accostamento di gusti opposti, del piccante con il dolce, del dolce con l’aromatico. Oggi non troveremmo poi così gradevoli gran parte delle ricette che ci sono pervenute, ad esempio le pere lesse con miele, passito, salsa di pesce, olio e uova, e forse neanche le pietanze a base di gru, fenicotteri, pappagalli e pavoni che ornavano certe tavole molto raffinate.

Toscana

Il territorio toscano è molto vario e ricco di colori, con un continuo susseguirsi di verdi e fertili colline come quelle del Chianti, spesso dominate dagli ondulati crinali dell’Appennino e dalle vette delle Alpi Apuane. Il Monte Amiata, antico vulcano ormai spento, svetta tra le province di Siena e Grosseto; le Colline Metallifere separano l’entroterra meridionale pisano dalla Maremma; i Monti Pisani si stagliano tra Pisa e Lucca e il Pratomagno, quasi completamente circondato dall'Arno, divide la parte appenninica dell'aretino, il Casentino, dal Valdarno superiore fiorentino. Il Monte Cetona, infine, si innalza all'estremità sud-orientale della provincia di Siena separando la Val d'Orcia dalla Val di Chiana. L’Arno è il fiume più importante. Le pianure sono soprattutto nella parte centro-meridionale. Il litorale è lungo oltre 300 Km e presenta coste rocciose e promontori alternati a lunghi tratti di spiagge ornate di pinete. Fanno parte del territorio anche i circa 300 Kmq delle isole dell'arcipelago.
Basterebbe la sola Firenze per promuovere questa regione tra le mete più amate dai turisti di tutto il mondo. Ma la Toscana è anche Siena con piazza del Campo e il suo mitico Palio; Pisa con la Torre pendente e il Battistero; Arezzo con la Pieve di Santa Maria; Livorno con la Fortezza vecchia; Lucca con le sue storiche mura; il Chianti con la sua dolcezza e la sua tradizione vitivinicola. Di estremo fascino la cosiddetta Toscana minore, costellata di piccoli borghi dalle atmosfere medievali: San Gimignano, Fiesole, Volterra e Montepulciano. Figlia del Rinascimento Pienza, ricche di storia le spiagge della mondana Versilia, unici i gioielli naturalistici dell’Isola d’Elba e di tutto l’arcipelago toscano. Senza dimenticare le coste dell’Argentario o il cuore selvaggio della Maremma, ricca di agriturismi. Per gli amanti del fitness, invece, massaggi e trattamenti tra le acque calde delle terme di Saturnia (Grosseto) o quelle di Montecatini (Pistoia), per rigenerare anima e corpo.


La Toscana è universalmente conosciuta per la sua ricchezza di monumenti e opere d'arte. Celebri in tutto il mondo sono Firenze, Lucca, Pisa e Siena. Meno note ma ricche di tesori anche Arezzo, Carrara, Pistoia e Prato. Sono moltissimi poi i centri minori, alcuni dei quali veri e propri borghi storici perfettamente conservati, custodi di opere di inestimabile valore: Cortona, Fiesole, San Gimignano, Pienza, Montalcino, Montepulciano e Volterra.
 La sua natura è caratterizzata da morbide colline, il gioco cromatico dei campi, i casali e i cipressi. Ma non solo. La Toscana è anche la sorpresa di vette innevate, di stagni e lagune, della macchia mediterranea che si spinge a lambire il mare, di boschi, di una campagna segnata dal lavoro millenario dell’uomo. Senza dimenticare i parchi e le riserve naturali: l’arcipelago toscano, le foreste casentinesi, l’Appennino, le Alpi Apuane, la Maremma e tutta l’area incontaminata di Migliarino-San Rossore-Massacciuccoli.
 


I fagioli all'uccelletto

Il contorno più rinomato della cucina tradizionale toscana è senz'altro quello dei fagioli all’uccelletto. Una ricetta semplice ma non adatta a chi ha fretta...
Tempo di cottura: 20 minuti

Ingredienti per 4 persone:
Fagioli secchi 100 gr. per persona (oppure fagioli freschi 250 gr.)
Tipo di fagioli: cannellini, toscanelli, capponi
200 gr. di pomodori maturi a grappolo o pelati
Olio extravergine d’oliva
2 spicchi d’aglio
1 rametto di erba salvia

Prima di passare alla ricetta vera e propria ci soffermiamo sulla cottura dei fagioli che è davvero cruciale per una buona riuscita della ricetta.
Innanzitutto, se si tratta di fagioli secchi, non consigliamo di metterli a bagno la sera prima e neppure di aggiungere il bicarbonato come cert’uni consigliano. Consigliamo tanta pazienza e soprattutto una cottura a fuoco più che lento, tanto che i fagioli quasi non si dovrebbero muovere nella pentola.
Per cominciare, la pentola migliore è quella di coccio e, se non la si ha a disposizione, può andare bene anche una pentola con un fondo termico abbastanza spesso. L’acqua nella pentola deve essere pari a cinque volte il peso dei fagioli che desiderate cuocere. La fiamma come si è detto dev’essere bassissima e la cottura piuttosto prolungata. Nell’acqua dovete mettere un rametto di erba salvia,uno spicchio d’aglio e un cucchiaio di olio d’oliva. Fate cuocere fino a che i vostri fagioli non risultino teneri. Se si tratta di fagioli freschi allora dovrete coprirli di acqua per almeno 4 dita, portateli velocemente ad ebollizione e poi lasciate che cuociano a fuoco lento, come per i fagioli secchi anche per i freschi occorre pazienza anche se il tempo di cottura è decisamente più breve.
Una volta lessati i fagioli, mettete in un tegame, magari di terracotta e fate rosolare delicatamente con i due spicchi d’aglio rigorosamente vestito il rametto di salvia e 75 ml di olio d’oliva. Dopo due o tre minuti aggiungete i pomodori che avrete sbucciato e privato dei semi, fate cuocere fino a che non otterrete una salsa piuttosto densa, aggiungete allora i fagioli precedentemente lessati, salate e pepate a piacere.
Proseguite la cottura per circa quindici minuti avendo cura di assaggiare di tanto in tanto per valutarne meglio il grado di cottura.



Si chiamano fagioli all’uccelletto poiché vengono cucinati come gli uccelletti, quindi con erba salvia e condimento simile a quello usato per cucinare gli uccelli. E’ stato l’Artusi a dare questo appellativo ai fagioli cucinati in questa maniera.

lunedì 30 novembre 2009

Grecia

Cefalonia e Zante

Cefalonia e Zante

La Grecia è molto più di quanto si è appreso a scuola o mostrano le note fotografie con meravigliosi tramonti e spiagge sabbiose.
La Grecia si trova all’incrocio di civiltà e colori, si sente la forza della storia ed il calore dell’estremo meridionale d’Europa e si scopre il percorso evolutivo del pensiero, dell’influsso e dell’esperienza.
Un paese, ricco di storia, i cui abitanti, però, guardano al futuro.
Un paese piccolo, dal punto di vista statistico, ma enorme per la sua diversità.
Un paese con stupendi paesaggi, riprodotti in migliaia di cartoline che, tuttavia, resta incredibilmente vivo e difficile da cogliere.
La Grecia è un paese di meravigliosi contrasti, un continuo viaggio nel tempo, dal presente al passato e di nuovo al presente.
Cammina per i suoi oliveti, i siti archeologici, viaggia tra le isole, corri lungo le spiagge e sulle montagne per scoprire scenari da mozzafiato.
In Grecia, la fusione di immagini non è solo fantasia, ma diventa realtà.
http://www.youtube.com/watch?v=S1U53KkhXAE

Moussaka greco



MoussakaLa Moussaka detta anche Mussaca è una ricetta tipica della cucina greca, sicuramente uno dei piatti più conosciuti in tutto il mondo di questa cucina etnica. La Moussaka altro non è che uno sformato a base di melanzane e carne tritata da cuocere in forno, guarnito con una spessa copertura di besciamella gratinata. Tale pietanza è preparata con quelli che sono gli alimenti più tipici della cultura culinaria della Grecia: la carne d’agnello, le melanzane e il formaggio. Esistono delle varianti della ricetta con zucchine, patate, ed altre verdure a piacimento. Ma vediamo subito quali sono gli ingredienti e la preparazione della ricetta originale della Moussaka.

Ingredienti per 6 persone:

3 melanzane lunghe
1 cipolla
750 g di spalla d’agnello
2 cucchiai di besciamella densa
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
1 uovo
1 ciuffo di prezzemolo
1 spicchio di aglio (facoltativo)
1/2 bicchiere di brodo vegetale
Olio d’oliva
Sale
Pepe

Preparazione:

Tritate finemente la cipolla, mettetela a freddo in un tegame con un cucchiaio di olio e qualche cucchiaio di brodo e fatela cuocere per 5 minuti coperta, bagnando eventualmente con altro brodo, perché si mantenga morbida e non prenda colore. Tagliate a pezzi l’agnello; togliete metà del soffritto e nel tegame aggiungete l’agnello, facendolo insaporire, unite un cucchiaio di concentrato di pomodoro e l’aglio, se vi piace; bagnate con brodo caldo, regolate di sale, pepate e fate cuocere l’agnello coperto per circa 20 minuti. Se occorre, durante la cottura bagnate con brodo caldo aggiungendolo poco per volta. Spegnete la fiamma, lasciate intiepidire, disossate la carne e passatela al mixer. Preriscaldate il forno a 200 gradi; affettate la melanzana tonda, salate leggermente le fette e mettetele in un colapasta a perdere l’acqua di vegetazione per almeno mezz’ora. Con un pelapatate ad archetto sbucciate le melanzane oblunghe, cercando di ottenere dei nastri di buccia più larghi e lunghi possibile. Sbollentateli per mezzo minuto in acqua bollente salata, scolateli e metteteli ad asciugare su carta assorbente da cucina.

Dividete a metà le melanzane sbucciate, incidete per il lungo la polpa dalla parte piatta e poi per il largo formando dei dadini; salateli, trasferiteli sulla placca del forno o in una teglia e fateli cuocere per circa mezz’ora. Quando saranno cotti, tritateli, metteteli in un telo e strizzate bene la polpa. Poi aggiungete il soffritto di cipolla tenuto da parte, l’agnello tritato, la besciamella, un cucchiaio di prezzemolo tritato, il concentrato di pomodoro rimasto, l’uovo; regolate di sale, pepate e mescolate per amalgamare la farcia. Riprendete dal colapasta le fette di melanzana tonda, friggetele rapidamente in abbondante olio, salatele e mettetele a perdere l’unto in eccesso su carta assorbente. Rivestite una pirofila leggermente unta di olio con parte dei nastri di melanzana, mettendo a contatto del contenitore la parte lucida e lasciandoli debordare leggermente dalla pirofila. Proseguite alternando strati di farcia e fette di melanzane fritte. Terminate con uno strato di farcia, ripiegate su di essa la parte debordante dei nastri e ultimate con quelli tenuti da parte. Spennellate di olio, mettete la pirofila in un bagnomaria sulla fiamma per 5 minuti, poi trasferitela in forno regolato a 180 gradi e cuocete per circa 1 ora.

P.S. Per apprezzare meglio il mix di sapori, servite la moussaka calda o anche leggermente tiepida, ma non bollente. Un ulteriore consiglio: la carne d’agnello non va cotta a lungo; rispettate i tempi indicati, altrimenti la farcia rischia di risultare troppo asciutta.

venerdì 27 novembre 2009

Ricetta delizia al limone, un dolce “mediterraneo”

Non è una ricetta veloce, ma il risultato è comunque squisito. Un dolce che può essere veramente la conclusione di un pranzo o una cena speciale. Tra i suoi ingredienti a fare da padrone è il limone e il liquore da lui ricavato, il limoncello. Ed è una ricetta tipica della costiera sorrentina ed amalfitana.


Ingredienti per le delizie a limone:

Per il pandispagna:

  • 4 uova

  • 100gr di farina

  • 25gr fecola

  • 80gr di zucchero

  • 1 bustina di vanellina


  • Per la farcia:
  • 700gr di panna fresca

  • 700gr di crema pasticcera aromatizzata al limoncello

  • 1 bicchierino di limoncello

  • scorza di limoni freschi


  • Preparazione: montate le uova con lo zucchero ed unite la farina e la fecola, aggiungete la vanillina. Versate il composto in stampini imburrati e infarinati e cuocete nel forno già caldo per circa 30 minuti.

    Preparazione farcia: unite a metà della panna e metà della crema pasticcera e aggiungete le scorzette di limone, mescolate tutto molto bene aiutandovi magari con un mixer. Con un coltellino svuotate i piccoli dolci e farciteli con la crema appena composta. Chiudete la mollica eliminata. Nelle rimanti parti di panna e crema pasticcera unite il limoncello e miscelate fino ad ottenere una salsa fluida, ma densa. Ricoprite i dolcetti ed aggiungete ancora qualche scorzetta di limone.

    Liquore consigliato: limoncello servito ghiacciato

    Italia

    Lampedusa
    A tavola con la nobiltà Veneziana
    In viaggio per il Mediterraneo: Venezia
    Toscana
    Gli antichi romani a tavola

    Lampedusa: Una perla nel Mar Mediterraneo


    Ultimo parallelo "europeo"! Forse primo "africano"; Tunisi sta poco più sù, Lampedusa è uno "scoglio" in mezzo al canale di "Sicilia" molto più vicino all'Africa che alla stessa Italia. Detta anche "la punta più a sud d'Europa"! Proprio così; perchè andare all'estero, quando si può visitare una bellezza di casa nostra senza espatriare?

    Quest'isola, è una perla nel Mediterraneo; tanto decantata fin dai tempi dei Romani, e non per ultimo dal grande Cantante italiano Domenico Modugno, dove ancor oggi, sulla spiaggia dove le tartarughe "caretta-caretta" vanno a depositare le uova, c'è ancora la sua villa.
    Prospiciente l'isola del "coniglio", dove una lingua di terra le unisce, questa meravigliosa spiaggia, ospita tanto turismo, le tartarughe, e la villa in questione; pensate che il Modugno, si e fatto "tumulare" con una boccia contenete il "mare" di Lampedusa ed un vasetto contenente qualche grammo di questa splendida spiaggia. Un pò difficoltosa per arrivarci via terra, poichè bisogna "scalare" in discesa una piccola collinetta, semplice andare via mare, per chi possiede un mezzo nautico.

    Lampedusa non'è solo questa incantevole spiaggia; esistono altre "calette" anche più accessibili, ma forse meno note; di certo una più bella dell'altra.
    Come vacanza naturalista, di sole e di mare è il massimo! Per quanto riguarda il "posto" letto, non bisogna drammatizzare; oltre i vari alberghi, peraltro costosetti, esistono anche le case dei "pescatori"; dove trovi ogni sorta di confort; non penserete mica ad una sorta di casetta "sgangherata", tremolante e priva di ogni necessità!

    Tutt'altro! Vi troverete le camere da letto, la cucina abitabile, i bagni con doccia e tutto quello che potete avere in una qualsiasi casa di "città". Per il trasporto l'isola è servita di bus "navetta"; ma è anche utilizzato dai turisti, il noleggio di "scooter" o di particolari "jeep" scoperte, antiche, che non li trovereste in nessun angolo del mondo.

    Pollo arrosto farcito



    Tempo di cottura: 1:30 minutiIngredienti: Dosi per 4-6 persone

    1 pollo già disossato
    (fallo preparare al pollivendolo)
    30 gr. di burro
    1 rametto di rosmarino
    1 bicchiere di vino bianco secco
    Poco brodo
    Olio
    Sale

    Per il ripieno
    200 gr. di prosciutto cotto
    150 gr. di lonza di maiale
    150 gr. di carne di manzo
    1 manciata di parmigiano grattugiato
    Pangrattato
    1 uovo
    1 mela renetta
    1 bicchierino di Brandy
    Noce moscata
    Chiodi di garofano
    sale e pepe

    Preparazione:

    1) Preparare il ripieno: tagliare a pezzi le carni e il prosciutto, comprese le rigaglie del pollo, e passarli al tritatutto.

    2) Unire all'impasto la metà tagliata a dadini, due cucchiai di pangrattato, il parmigiano, l'uovo, il Brandy, un pizzico di noce moscata, qualche chiodo di garofano pestato, pepe e sale e mescolare bene per amalgamare gli ingredienti.

    3) Riempire con la farcia il pollo incominciando dalle cosce, spingendo bene il ripieno all'interno. Proseguire nella farcitura riempiendo il corpo del pollo.

    4) Ripiegare la pelle del collo, tirandola con molta delicatezza per non romperla, sulla schiena del pollo ripieno in modo da chiudere bene l'apertura. Cucire poi l'apertura con un grosso ago da cucina e un robusto filo incolore.

    5) Ridare al pollo la forma originale portando le ali dietro la schiena e legarlo con uno spago sottile. Metterlo in una casseruola con qualche cucchiaio di olio, il burro e il rosmarino e farlo rosolare bene; quando sarà colorito spruzzarlo con il vino e salarlo.

    6) Mettere dopo qualche minuto la casseruola nel forno gia caldo a 180°C; durante la cottura rigirarlo ogni tanto e aggiungere, se necessario, un po' di brodo bollente.

    mercoledì 25 novembre 2009

    Frittelle dolci di Natale ovvero panzerotti-fraguni di ceci alias "cicirata"



    Origine storico culturale: questo originale dolce di Natale, preparato con l'utilizzo di un legume, i Ceci, è tuttora presente in molte case del vibonese. Il dolce si presenta molto laborioso. Simili preparazioni si trovano nel periodo di Pasqua ottenuti con farina, uova miele e ricotta (flandone di matrice tedesca).

    Gli ingredienti per la pasta: 300 gr. di farina, 1 cucchiaio d'olio d'oliva, vino bianco di zibibbo quanto basta per impastare.

    Il ripieno: 200 gr. di ceci, 50 gr. di mandorle, 20 gr. di pinoli, 50 gr. di gherigli di noci, 50 gr. di nocciole, 50 gr. di cioccolato fondente, 50 gr di miele, 1 buccia di mandarino tritata, 1 tazza di cioccolata fondente, 1 tazza grande di caffè, un poco di Marsala, una tazzina di mosto cotto, olio per friggere. Per passare nello zucchero i frauni aggiungere a 200 gr di zucchero, un pizzico di cannella e chiodi di garofano in polvere.

    Preparazione
    Mettere a bagno i ceci per 12 ore, cuocerli in acqua con pochissimo sale e subito cotti passarli al passatutto con misura "fine". Tostare la frutta secca (nocciole, noci etc.) con la sola eccezione dei pinoli e tritarla finemente con frullatore. Mettere tutti gli ingredienti in un recipiente di terracotta e dopo sul fuoco a fiamma molto bassa. Mescolare con frequenza, facendo assorbire le sostanze liquide del composto. Quando tutto sarà omogeneo e consistente, togliere dal fuoco e lasciare raffreddare (si consiglia di preparare questo composto il giorno prima). Preparare intanto una pasta omogenea con gli ingredienti sopra descritti e farla riposare per 30 minuti. Stenderla molto sottile e ricavare dei dischi dal diametro di 8 cm. Sistemare al centro uno o due cucchiai di ripieno e chiudere a forma di mezzaluna saldando i bordi con uovo sbattuto. Friggere in olio ben caldo e ancora tiepide, passarle nello zucchero semolato, insaporito con cannella e chiodi di garofano in polvere. Buon Natale.

    Dolci

    Frittelle Dolci di Natale
    Delizia al Limone
    Baklava

    Verdure

    Fagioli all'uccelletto
    Insalata Mechouia

    Carne

    Cous cous con verdure e pollo
    Pollo arrosto farcito

    Pesce

    Cous cous di pesce

    Pasta

    Bigoli con l'anatra
    Moussaka greco

    domenica 22 novembre 2009

    vivi le emozioni della cucina veneziana: www.cookingclass.altervista.org


    Nell'incantevole cornice della città più unica al mondo, un angolo della tradizione veneziana ci accoglie con la sua confortevole atmosfera.


    E' la Venezia vera, quella di antichi sapori e profumi nati a volte in terre lontane, ma che qui hanno trovato definitiva memoria, per il piacere dei nostri palati e l'appagamento delle nostre più esigenti sensazioni.

    Nel suo elegante appartamento nel cuore di Venezia, con una splendida vista sul campanile di San Marco, Patrizia vi accoglie per rivelarvi tutti i segreti della nostra cucina.

    i

    Bigoli con l'Anatra


    I bigoli sono una pasta tipica veneta simile agli spaghetti, ma di diametro più grosso e non bucati. Secondo questa ricetta tradizionale i bigoli devono essere cotti nel grasso brodo in cui è stata fatta lessare un'anatra novella (nata 60-90 giorni prima) e conditi con un sugo prodotto con burro aromatizzato e frattaglie della medesima anatra.
    Per 6 persone
    Ingredienti per i bigoli:
    400 gr farina
    500 ml acqua
    4 uova
    Ingredienti per il sugo:
    anatra
    50 gr olio
    70 gr burro
    salvia

    Come si fa
    Disporre a fontana 400g di farina, mettere al centro 4 uova e impastare unendo 500ml di acqua. Mettere a riposare per mezz'ora, coperto da un panno umido.
    Usando il bigolaro fare i bigoli da stendere su un piano infarinato per farli asciugare.
    Fiammeggiare un'anatra di modo da eliminare le piume, lavarla e metterla a bollire immersa nell'acqua salata insieme ad una cipolla a un gambo di sedano e a una carota. Cuocere per circa un'ora.
    Tritare le interiora dell'anatra e farle rosolare a fuoco alto con 50g di olio e 70g di burro, aggiungendo all'ultimo tre foglie di salvia spezzettata. Salare e pepare.
    Quando l'anatra è cotta, passare il brodo al setaccio e cuocere i bigoli nel brodo per 5 minuti. In ultimo bisogna scolarli e condirli con il sugo e molto parmigiano grattugiato.

    Vino consigliato: rosso

    A tavola con la nobiltà veneziana


    Nel Cinquecento, periodo di massimo splendore della Serenissima, la grandezza della Repubblica di Venezia era ben visibile anche nelle tavole della nobiltà. Lo splendore dei suoi banchetti e il lusso e l'abbondanza della sua gastronomia sono ben descritti da Marin Sanudo, lo storiografo ufficiale della Repubblica, e dai pittori che riproducevano i fastosi costumi del loro tempo nelle tele con soggetti sacri (si pensi alle Nozze di Cana o al Convito in casa di Levi del Veronese).

    I banchetti che accompagnavano le feste mascherate o i balli a palazzi erano a dir poco pantagruelici: numerosi antipasti, cibi di pasta, minestre, ortaggi, bolliti, arrosti, frittate, pesce, insalate, soffritti, dolci, torte, frutta e molto altro...

    Tutte le arti in quel periodo contribuivano ad aumentare le grandezza e maestosità delle mense veneziane: le lussuose tovaglie, le splendide e delicate coppe muranesi, i vasellami e le posate impreziosivano le tavole a cui sedevano dame e gentiluomini ricoperti di broccati, soprarizzi, pizzi e merletti. Gli sprechi erano così evidenti ed esagerati che la Serenissima decise di limitarli con l'emanazione di una serie di leggi.

    In questo periodo Venezia detta al mondo europeo le leggi dell'arte, del gusto, del viver civile e della cucina. Si pensi che furono i nobili Veneziani i primi ad utilizzare la forchetta. Il primo utilizzo accertato risale al XI secolo da parte della principessa Teodora, figlia dell'imperatore bizantino Alessio e sposata al Doge Domenico Salvo, che soleva farsi tagliare il cibo dagli eunuchi e portarlo alla bocca con delle forchette d'oro. Quest'usanza, inizialmente osteggiata dalla popolazione, divenne nel Cinquecento una prassi abituale di tutti i veneziani, mentre tutti gli altri paesi ancora usavano le forchette solo per tenere ferme le pietanze da tagliare.
    Una curiosità: in dialetto la forchetta viene chiamata piron, termine che indica la sua origine bizantina, dal verbo peirein (infilzare) e dal neogreco peironnion (forchetta).

    Non dimentichiamoci poi che è sempre a Venezia che si parlò per la prima volta di caffé, quando l'ambasciatore a Costantinopoli descrisse questa bevanda nera che aveva la capacità di togliere la stanchezza e che di lì a poco sarebbe diventata un immancabile rituale per ogni italiano.

    partiamo in viaggio per il Mediterraneo: Venezia

    Venezia è un'isola, una città pedonale. Automobili, autobus e mezzi su due ruote infatti non possono entrare in città - anche se a volte alcuni ciclisti ci provano! - e a Venezia ci si sposta solo a piedi o in barca!
    Costruita sulle acque della laguna, Venezia sorge su un arcipelago di 118 isolette intersecate da 150 canali e collegate fra loro da più di 400 ponti ed è collegata alla terraferma da un ponte lungo 4 Km.
    Vista dal cielo, la forma urbana della città è simile a quella di un grande pesce intrappolato tra le acque della sua laguna - proprio come un pesce nel suo acquario!-, il ponte che la collega alla terraferma la lenza che l'ha catturato...
    Venezia, città d'arte dei Dogi, quasi incurante del passare dei secoli, custodisce immobile nel segreto delle sue pietre e nel silenzio delle sue chiese tesori e opere d'arte, testimonianze degli splendori di un passato di conquiste e scambi commerciali con l'Oriente di una delle più grandi potenze marittime e commerciali europee.
    Ma oggi Venezia è sempre di più capitale dell'arte contemporanea, meta irrinunciabile per gli appassionati di tutto il mondo, grazie ai prestigiosi spazi espositivi della Biennale, alla storica collezione d'arte di Peggy Guggenheim, alle numerose gallerie private e fondazioni d'arte sparse in giro per la città.
    La vasta laguna che circonda Venezia è testimone da secoli del precario equilibrio raggiunto dall’uomo nell'incessante lotta tra la forza erosiva del mare e quella costruttiva dei fiumi. L'ambiente lagunare è un universo apparentemente immobile, disseminato di piccole e grandi isole immerse in acque dolci e salmastre, dove si alternano canali, barene, ghebi, orti e valli da pesca, un mondo dominato da un silenzio quasi ovattato, popolato dalla fauna e dalla flora tipiche degli ecosistemi lagunari e intervallato solo dal verso di qualche uccello o dal motore di una barca che passa.
    Sognate Venezia per un week-end romantico o per la vostra prossima vacanza all'insegna dell'arte e della cultura?
    Lasciatevi guidare dai nostri suggerimenti di viaggio alla scoperta di Venezia, di come cambia in ogni stagione o lasciatevi incuriosire dalle suggestioni dei nostri itinerari tematici...
    Scegliete dove alloggiare tra le oltre 450 strutture ricettive da 1 a 5 stelle, a Venezia e dintorni, basta un clik: http://www.turismovenezia.it/

    cous cous di pesce


    Ingredienti per 5 persone:
    1 pacco di vongole
    1 pacco di cozze
    500gr. gamberi
    500gr. calamari
    3 barattoli di pelati
    1 gambo di sedano
    3 carotemezza cipolla
    2 spicchi di aglio
    3 foglie di alloro
    2 scorze di limone
    peperoncino
    1 pacco di cous cous

    Preparazione:
    Mettete in un contenitore le vongole con acqua e sale grosso, lasciatele a mollo per cira 1 ora e lasciatele spurgare.
    Tritate le carote, il sedano e la cipolla finemente.
    Lavate i calamari e tagliateli a fettine, togliendogli l’osso trasparente.
    Prendete una casseruola e metteteci olio e aglio, fate rosolare e aggiungete le vongole e le cozze con un paio di foglie di alloro; coprite con un coperchio e aspettate che si aprano.
    Togliete le cozze e le vongole e filtrate il sugo con un panno di lino o cotone.
    In un’altra casseruola soffriggete con olio il peperoncino, la carota, la cipolla e il sedano aggiungete i gamberi e i calamarimezzo bicchiere di vino bianco e fare evaporare (circa 5 min.).
    Aggiungete i pelati, le cozze e le vongole con un po’ di sughino filtrato.
    Fare bollire per circa 30minuti.
    5 minuti prima di fine cottura mettete una scorza di limone.
    Prendete una casseruola con un coperchio e metteteci 3 bicchieri di acqua, 2 cucchiai di olio e 2 foglie di alloro; portate ad ebolizione e metteteci il cous cous mescolandolo subito con un cucchiaio di legno.
    Coprite per 5 minuti e sgranate con una forchetta… è pronto.


    il cous cous con verdure e pollo


    Il cous cous con verdure e pollo è la ricetta di un piatto unico sostanzioso ma equilibrato, sarebbe comunque sempre opportuno non abbondare con le porzioni... Tuttavia rimane uno dei piatti più gustosi se vi piace una cucina un pò speziata.


    Tempo di preparazione: 30 minuti
    Tempo di cottura: 2 ore

    Ingredienti per 4 persone:
    1 coscia di pollo per persona (non solo il fusello!)
    1 melanzana
    2 zucchine
    2 peperoni (1 giallo e 1 rosso)
    3 cipolle medie
    2 carote medie
    2 cucchiai di concentrato di pomodoro
    2 cucchiaini di curcuma
    1 cucchiaini di cumino
    2 cucchiaini di coriandolo
    1 spicchio d'aglio
    Pepe bianco macinato
    Olio d'oliva
    400 gr. di cous cous fine


    Preparate in una pentola un generoso fondo di olio, tritate le cipolle e lo spicchio d'aglio e mettetele in pentola ad imbiondire ed aggiungete la curcuma, il cumino ed il coriandolo.
    Una volta imbiondite aggiungete anche le cosce di pollo e fatele rosolare per bene.
    Unite quindi tutti gli ingredienti tagliati a cubetti piuttosto piccoli (melanzana, zucchine,carote e peperoni).Regolate di sale e fate cuocere.
    Quando le verdure saranno più o meno tutte ben rosolate potrete aggiungere almeno 500 ml di acqua e far proseguire la cottura per 1 ora e mezza a fuoco lento con pentola coperta.
    Ogni tanto sarà sufficiente mescolare il tutto ed eventualmente aggiungere l'acqua nel caso dovesse essere insufficiente.
    Quasi a fine cottura unite il concentrato di pomodoro e girate.
    Intanto preparate in una pentola 400ml di acqua, aggiungete un pochino di sale ed un cucchiaino d'olio.
    Se volete che il vostro cous cous sia di colore giallo intenso potete unire all'acqua anche 2 cucchiaini di curcuma.
    Quando l'acqua sarà giunta ad ebollizione spegnete il fuoco ed unite 400 gr. di cous cous.
    Lasciate riposare per 4 minuti quindi sollevate il coperchio ed aggiungete al tutto una noce di burro.
    Sgranate il cous cous con i rebbi di una forchetta quindi servitelo in un piatto con il vostro condimento in abbondanza e mettete la coscia di pollo dal lato opposto del piatto.


    il cous cous


    Quando parliamo di Couscous, continuiamo a parlare di piatti e sapori mediterranei che in questo caso provengono direttamente dai paesi del Nord Africa.Nessun altro piatto come il couscous si lega alla storia e alle tradizioni conviviali delle popolazioni arabe, soprattutto del Maghreb. Eppure la sua vicenda secolare non si esaurisce su quell'unica sponda del Mediterraneo, ormai storicamente riconosciuta come sua terra d'origine, ma seguendo le rotte di mercanti e di conquistatori, il kuskusu - per dirlo in arabo - è approdato in Spagna, in Francia e anche in Sicilia. La sua nascita si perde nella notte dei tempi e per averne qualche notizia bisogna risalire agli antichi Berberi abitanti delle montagne e delle valli del Maghreb, già prima dell'invasione araba del VII secolo dopo Cristo. Per preparare questa specie di antenato del couscous, i berberi utilizzavano soprattutto frumento, talvolta miglio e orzo, da cui ricavavano una specie di semola che impastavano con acqua o latte. Ottenevano così delle rudimentali pappe a cui davano il nome di kskso, o kuski.Oggi il termine couscous sta ad indicare sia la semola di base sia l'intero piatto completo di tutte le altre portate che lo accompagnano - carni, legumi e verdure cucinati generalmente con molte spezie, come tradizione comanda - con le varianti locali, dal Marocco alla Libia.

    la filosofia del nostro blog





    L’alimentazione rappresenta un terreno d’incontro, di dialogo, di scambio e di sviluppo, determinante per l’importanza culturale ed economica che riveste in ogni singola regione del mondo.
    Nel percorso storico dell’alimentazione mondiale, il ritorno agli apprezzamenti antichi occupa nuovi spazi, in special modo nelle aree geografiche con più alti contenuti storico-culturali-tradizionali.
    Secondo le stime della Fao, la produzione agricola dovrebbe raddoppiare per sfamare i 6 Mld di cittadini del mondo, che saliranno a 9 miliardi entro il 2050. Questo dato impone di sviluppare una nuova cultura del cibo, fondata sulla salubrità e la qualità. Garantire la sicurezza alimentare a tutte le popolazioni, infatti, non significa solo fare in modo che vi siano sufficienti approvvigionamenti per tutti, ma anche che il cibo di cui ci nutriamo abbia adeguate proprietà nutrizionali.
    L’alimentazione si carica di significati e simboli, fino a diventare un vero e proprio fatto culturale, che segue, nei secoli, l’evolversi dell’assetto economico e dei bisogni della società, variandosi e complicandosi di pari passo con il variare e il complicarsi dei diversi aspetti della società stessa. Il modo di alimentarsi è legato sia alla disponibilità locale (qualitativa e quantitativa) di alimenti, sia alla storia e all’economia di un popolo. Esso varia, però, da paese a paese, pur conservando alcune caratteristiche di somiglianza e di omogeneità nell’ambito di una certa area geografica.
    Il modello di alimentazione della dieta mediterranea nasce da una tradizione secolare, propria dei Paesi Mediterranei i quali hanno clima, ambiente geografico e geologico, usi e costumi molto simili. Tale modello, quale parte dell’identità storica e culturale del Mediterraneo e del Mar Nero, non è solo un modo di nutrirsi, ma è espressione di un intero sistema culturale, improntato - oltre che alla salubrità, alla qualità degli alimenti e alla loro distintività territoriale - ad una tradizione millenaria che si tramanda di generazione in generazione.
    La dieta mediterranea, nonostante i mutamenti delle abitudini alimentari e degli stili di vita che si sono verificati a partire dalla seconda parte dello scorso secolo, continua ad essere un punto di riferimento non solo nel Mediterraneo, ma anche in altre regioni del mondo.
    La dieta mediterranea rappresenta una risorsa di sviluppo sostenibile molto importante per tutti i Paesi del Mediterraneo, per l’incidenza economica e culturale che riveste il cibo nell’intera regione e per la capacità di ispirare un senso di continuità ed identità per le popolazioni locali; è la sintesi storica della civiltà delle popolazioni del Mediterraneo che hanno tramandato, da una generazione all'altra, una forte identità, robuste radici ed un paesaggio dalle caratteristiche inconfondibili. L'insieme di questi fattori rappresenta un patrimonio non solo di cultura della salute, ma di rivalutazione antropica del rapporto dell'uomo con il cibo.
    I numerosi studi in campo nutrizionale hanno confermato sempre più la validità della tradizione alimentare mediterranea nel preservare lo stato di salute ovvero di " benessere psico-fisico", in cui sono soddisfatte non solo le esigenze biologiche e funzionali , ma anche quelle sensoriali, culturali, sociali. La dieta mediterranea è non solo un modello di alimentazione di alta qualità, ma un’intera filosofia di vita.